Dopo aver lavorato nelle varie province senesi, nel 1879 a Siena si stabilì, acclamato dai cittadini, Pietro Formichi, noto a tutti noi per aver composto la ben nota Marcia Del Palio.
Nel 1895, gli succedeva, alla direzione della banda comunale, l’insigne violinista Rinaldo Franci, ma la secolare istituzione era ormai prossima alla fine come banda del comune di Siena. Nel 1896 infatti, abbandonò la balsana che portava da oltre otto secoli.
Nel solito anno, si inaugurò il monumento a Garibaldi e la banda non poteva tacere, non poteva non festeggiare assieme al popolo e fu così, che i vecchi musicisti della banda soppressa, senza uniforme e senza un nome, si riunirono per l’occasione suscitando un grande entusiasmo tra i cittadini.
Dopo questa manifestazione la banda tacque per due anni, fino al 1898, quando furono richiamati i vecchi musicisti per riorganizzarla, grazie all’iniziativa di Pietro De Rossi.
Pian piano, con enormi difficoltà economiche la banda ricominciò la sua attività. I musicisti non avevano nessuna risorsa finanziaria, non avevano una sede, non avevano nemmeno i leggii e tanto meno gli spartiti.
Alla direzione della “Nuova Banda Musicale Senese” salì Salvatore Giaretta, che senza retribuzione mise a disposizione la sua opera e la sua libreria personale.
Il 29 Giugno 1898, la banda fece la sua prima comparsa in pubblico, da lì, il comune di Siena e i vari comitati cittadini, ricorsero più volte all’intervento della nuova banda così che essa poté comprare musica e leggii per riprendere a pieno la sua attività.
Nel 1904 Mario Mascagni ne assunse la direzione; insieme a lui parteciparono al concorso bandistico toscano riuscendo a vincere il primo premio.
In occasione dei festeggiamenti per la medaglia d’oro ricevuta con questo concorso, Pietro Mascagni, suo cugino, fu dichiarato presidente onorario di questa associazione ed egli, acconsentì di far portare alla banda il suo nome.
Purtroppo verso gli anni venti, la situazione finanziaria della banda cittadina peggiorarono sensibilmente tanto che non si potevano nemmeno più pagare i gettoni di presenza ai musicanti che pian piano, per questo motivo, si stavano allontanando dal complesso. Tutto questo portava la banda a non poter assicurare dei livelli dignitosi sia nei concerti che nei raduni, fu così che alla fine del 1936, dopo aver assolto tutti gli impegni presi, si arrivò alla decisione di chiudere i battenti.
“Se poi la città vorrà mantenere la sua banda, intervengano le autorità con provvedimenti adeguati. E soprattutto – si conclude nel verbale dell’assemblea dell’11 Ottobre di quell’anno – ci si decida a riunificare tutte le bande della città in un unico complesso dignitoso”.
I soldi si trovarono, tanto che nel 1941 l’organico era composto da 72 persone.
Il repertorio in questo periodo, interpretato dal maestro Ugo Mattii, si spogliava dei brani di gusto popolare, andando a privilegiare compositori come Verdi, Cimarosa, Rossini, relegando le classiche marcette in secondo piano.
A questo punto, ad intralciare il cammino di questa banda secolare, si posero gli avvenimenti che sconvolsero il mondo intero.
I musicisti iniziarono a partire per il fronte lasciando dei significativi vuoti fra i leggii.
La banda, se pur con enormi difficoltà, continuava la sua attività, cercava di risollevare il morale di feriti e soldati e tentava di farlo con compostezza.
I migliori elementi erano ormai partiti per la guerra e in questa situazione si faticava addirittura a trovare un maestro; la decisione da prendere rimaneva solo quella di sospendere i concerti, mantenendo però l’apertura della scuola.
A guerra non ancora finita, ma già allontanatasi la bufera da Siena, la banda cercò di riprendere la sua attività. Questa volta, un altro problema minacciava la sua esistenza: adesso rischiava lo sfratto dai locali di Provenzano nei quali si era trasferita. Poiché però, la stanza destinata alle prove, era stata data in utilizzo a dei musicanti sinistrati dai bombardamenti, riuscirono a mantenere la loro sede, grazie alla legge che prevedeva che gli sfollati non potessero essere cacciati dai loro alloggi temporanei.
Oltre allo sfratto, un altro problema che affliggeva l’istituzione era quello del “materiale” umano. Alcuni musicisti erano dispersi, altri avevano ben altri problemi a cui pensare invece di suonare…
Si trattava di cercare di nuovo tutti i musicisti, uno per uno! A questo pensò Rovello Banducci, chiusdinese di origine, ma senese adottivo, naturalizzato ocaiolo, tra l’altro compositore degli inni dell’Oca e della Tartuca. Egli, divenuto capobanda, formò nuovamente l’organico e servì il complesso musicale, ricoprendo varie mansioni, fino al 1972, quando passò il testimone a Italo Peccianti, altra figura di notevole importanza per la banda senese, che si impegnò nella formazione di generazioni di giovani che si avvicinavano alla musica.
Gli anni cinquanta furono caratterizzati da una serie di convegni bandistici che fecero conoscere ed apprezzare il complesso senese in varie parti d’Italia.